Gli interferenti endocrini (IE) sono molecole o miscele di sostanze in grado di interagire col sistema ormonale mimandone l’azione ovvero interferendo con la loro produzione, secrezione, trasporto, azione, metabolismo o eliminazione pregiudicando così l’attività degli ormoni prodotti da ghiandole come la tiroide, l’ipofisi, ghiandole surrenali, ovaie e testicoli.
Questi ormoni regolano processi vitali come lo sviluppo embrionale, la glicemia, la pressione arteriosa, il funzionamento del cervello e del sistema nervoso e la capacità di riprodursi e sono strutturalmente molto simili agli ormoni naturali e possono entrare come una chiave “falsa” nella serratura dei recettori “aprendo” ( attivando ) o “chiudendo” ( inibendo ) una porta. Le conseguenze possono essere fatali soprattutto se l’esposizione a queste sostanze avviene durante lo sviluppo intrauterino, come ad esempio durante la fase della differenziazione sessuale, durante la formazione della placca neuronale formerà cervello o il cuore.
Più spesso si tratta di (xeno)estrogeni o di antiandrogeni. Inoltre gli IE si trasmettono anche al feto durante la gravidanza.
La definizione che l’Istituto Superiore di Sanità dà di “interferente endocrino” è “una sostanza esogena, o una miscela, che altera la funzionalità del sistema endocrino, causando effetti avversi sulla salute di un organismo, oppure della sua progenie o di una (sotto)popolazione”.
Dove si trovano?
Non è facile dare risposta alla domanda relativa a dove si trovano gli interferenti endocrini perchè sono ubiquitari, li troviamo nei cibi, nei giocattoli per i bambini, nella carta termica degli scontrini fiscali, nelle tende della doccia, nei profumi, nei cosmetici, nei prodotti per la pulizia e in innumerevoli altri prodotti di uso quotidiano. Basti pensare agli scontrini fiscali che rilasciano il Bisfenolo-A (BPA), che viene assorbito dalla pelle e causa danni che vedremo a breve.
Pensate che siamo esposti ad oltre 800 sostanze chimiche potenzialmente nocive per il nostro sistema endocrino (Thomas Zoeller, Amherst University): la loro natura onnipresente li rende subdoli: infatti il problema degli IE anche se presenti in concentrazioni minime, è che si crea il problema del bioaccumulo che è il risultato di un’esposizione costante, ripetuta e prolungata che alla fine crea il danno. Ecco perché diventa difficile stabilire la nocività di una determinata sostanza che dipende non solo dall’effetto di accumulo di questa sostanza ma anche per la contemporanea presenza di numerose altre sostanze nocive che vanno ad accrescere i danni potenziali sugli organi bersaglio. Ed è così che si ha un effetto mosaico con conseguenze negative sulla salute umana ma anche della fauna selvaggia.
Assistiamo così ad un effetto di interazioni tra sostanze che possono avere un effetto additivo o sinergico con conseguenze a livello genetico.
Gli IE possono penetrare nell’organismo per:
• ingestione
• inalazione
• iniezione
• contatto della pelle
• placenta
• allattamento.
L’esposizione agli IE durante il periodo fetale e nell’infanzia modifica in modo irreversibile il metabolismo e il sistema ormonale per il resto dell’esistenza: in particolare le cellule adipose aumentano di numero e di dimensioni per cui sazietà, appetito e metabolismi energetici vengono alterati fino alla comparsa di diabete, obesità, malattie metaboliche. Non solo, l’esposizione a IE è in grado di ridurre nel periodo perinatale il numero delle cellula di Sertoli e di conseguenza il numero di spermatozoi in seguito, con aumento dell’infertilità da causa maschile.
Tutte le suddette sostanze sono molto ben studiate e ammesse nell’industria al di sotto di determinate concentrazioni. Molto spesso per determinare la tossicità nell’uomo si fanno esperimenti negli animali e raggiunta la dose tossica si divide per 100 afferma quindi che usando concentrazioni inferiori a 1/100 di quelle tossiche per gli animali non siano pericolose.
Il problema drammatico è che noi siamo esposti ogni giorno a centinaia di queste sostanze e in laboratorio vengono studiate invece singolarmente, per cui sfuggono gli effetti di accumulo di differenti sostanze nocive: probabilmente nessuna di queste sostanze singolarmente ha delle conseguenze tossiche per il nostro organismo, ma non sappiamo quali siano le conseguenze dell’esposizione a centinaia di queste sostanze.
CLASSIFICAZIONE IE
L’enorme quantità di composti che potrebbero interferire con il sistema endocrino umano e animale non ne facilita la classificazione.
In via generale possiamo raggruppare gli IE in 6 categorie principali:
1) Farmaci o estrogeni sintetici (ad es il DES, dietilstilbestrolo)
2) Pesticidi, distinguibili in: organofosforici carbammati piretroidi sintetici organoclorurati.
3) Plastificanti e prodotti derivanti dalla combustione del PVC (ma anche della carta e delle sostanze putrescibili) come ftalati, diossine e bisfenoli
4) Sostanze di origine industriale come: fenoli e bisfenoli ritardanti di fiamma acido perfluorooctanico e suoi sali diossine
5) Sostanze naturali come i fitoestrogeni.
6) Nanoparticelle.
La prima avvisaglia risale agli anni 50 in Australia quando un gregge di pecore fu mandato a pascolare in grandi distese di trifoglio. Dopo un determinato periodo che queste pecore pasteggiavano erba a base di trifoglio diventarono sterili. Il trifoglio infatti contiene una sostanza che si chiama comestano che interferisce con il nostro sistema endocrino.
Segue poi l’allarme negli anni 70 dovuto al DDT in particolare sulla fauna acquatica ma anche su quegli uccelli che si nutrono di pesce; gli stati meridionali degli Stati Uniti notarono una riduzione del numero degli alligatori e un’atrofia del pene e dei testicoli di questi animali. Perchè? Perché il DDT è a tutti gli effetti un xenoestrogeno con caratterisctiche simil-estrogeniche: se diamo estrogeni in eccesso al maschio si atrofizzano le caratteristiche maschili. È proibito in Italia e nella maggior parte dei paesi europei, ma ce lo mangiamo comunque ancora tutti giorni perché persiste nell’ambiente e perché purtroppo viene ancora usato in molti paesi del terzo mondo per debellare la malaria. Vi ricordo che il DDT è volatile e può diffondersi nell’atmosfera e quindi viaggiare con le nubi e raggiungere i paesi freddi, precipitare ai poli e contaminare le foche, i pesci, gli orsi e altri animali del Nord. Il DDT ha causato un disturbo nella calcificazione delle uova di pellicani, anatre, e aquile.
Guardate qui: a sinistra trovate la formula dell’estradiolo, mentre a destra c’è quella di un lubrificante usatissimo, il nonilfenolo. È diverso ma simula la formula dell’E2. Nel 2004 è uscita in Italia una legge che regola l’impiego del nonilfenolo, ne vieta quasi ovunque l’utilizzo ma lo lascia come spermicida nelle creme apposite.
Pensate al dietilstilbestrolo con una formula molto simile a quella dell’estradiolo, veniva usato in caso di pericolo di aborto. Indubbiamemte funzionava per questa indicazione ma provocava nelle figlie delle donne che lo avevano assunto in gravidanza tumori vaginali, uterini e numerose patologie del sistema riproduttivo; nei maschi criptoorchidismo (mancata discesa dei testicoli), tumore testicolare o prostatico e bassa concentrazione di spermatozoi. Questa sostanza è stata vietata in Italia, mentre viene ancora impiegata negli Stati Uniti negli allevamenti intensivi in quanto accelera la crescita degli animali.
Il Bisfenolo A (BPA) è impiegato nella produzione delle plastiche in policarbonato (molto diffuse per le proprietà di trasparenza, resistenza termica e meccanica), utilizzate nei recipienti per uso alimentare, e nelle resine epossidiche che compongono il rivestimento protettivo interno presente nella maggior parte delle lattine e scatolette per alimenti e bevande. Sappiamo che aumenta la resistenza all’insulina, provoca diabete, ipertrofia degli adipociti, alterazioni dell’apparato genitale e della riproduzione.
Assumiamo BPA quando consumiamo alimenti e bevande che sono stati confezionati in contenitori che perdono BPA, ma possiamo assorbirlo anche con la pelle, attraverso gli scontrini fiscali: dal sangue passa a vari tessuti. L’effetto più devastante è a livello del sistema ormonale: il BPA interferisce pesantemente con l’attività di estrogeni, testosterone e ormoni della tiroide. Ha un’attività similestrogenica. Il BPA è stato eliminato dai biberon, ma continua ad essere presente in innumerevoli prodotti di consumo, specie quelli contenenti cibo e bevande, anche se è noto essere un estrogeno sintetico. Tutti usiamo in cucina plastiche per conservare alimenti o per mangiarvi come posate, piatti e terrine: vi consiglio di non mettere mai alimenti caldi nelle plastiche ma di aspettare sempre che l’alimento prima si raffreddi. Se vogliamo usare la pellicola di plastica per coprire l’alimento facciamolo tranquillamente prestando però attenzione affinché non venga mai a contatto con l’alimento. Ricordate che se questi oggetti di plastica sono danneggiati dal contatto con il cibo caldo, dai lavaggi con acqua calda e detersivi aggressivi o dal calore del microonde, perdono BPA nel cibo o nelle bevande che contengono. Quando comprate oggetti di plastica evitate il policarbonato, un materiale rigido e durevole, contrassegnato col numero 7 all’interno del simbolo con le frecce triangolari che indica la possibilità di riciclare. Il policarbonato viene in genere usato per produrre contenitori di plastica riutilizzabili.
Alcuni studi hanno dimostrato che chi che mangia spesso fuori casa ha livelli di BPA più elevati: cercate di preparare il più possibile i pasti a casa usando ingredienti freschi.
Occhio ai cibi in scatola, perché il BPA viene usato per rivestire le scatolette/lattine, e da lì passa nel cibo. La quantità di BPA che si trasferisce è maggiore se il cibo è acido, come la frutta e il pomodoro. La soluzione è consumare ingredienti freschi, secchi, congelati o inscatolati in barattoli di vetro. Un’altra fonte molto critica di BPA è la carta termica, usata per gli scontrini.
Pensiamo all’infertilità che affligge il 15% delle coppie in età fertile e che sappiamo essere per il 50% responsabilità dell’uomo e per il 50% della donna. Sono molte le sostanze a cui siamo esposti ogni giorno sul posto di lavoro, a casa, tramite oggetti della cura personale, l’aria che respiriamo, l’acqua che beviamo eccetera. Cruciale resta ovviamente anche l’effetto cumulativo. Il BPA ha azione antiandrogena. Attenzione anche ai contenitori di plastica “BPA-free” che hanno un’alta probabilità di rilasciare altre sostanze chimiche simil-estrogeniche dopo essere stati danneggiati dall’esposizione alla luce UV, alle microonde o alle alte temperature. Quindi, ad ogni buon conto, è sempre meglio lavare questi contenitori a mano in acqua fredda e non usarli mai con cibi o bevande calde.
Se la plastica è danneggiata allora perde sostanze chimiche e continua a farlo anche quando viene usata dopo molto tempo. Invece di passare a plastica senza BPA, sostituitela con vetro, legno, acciaio inossidabile o ceramica.
Uno studio condotto nel 2012 alla Seconda Università degli Studi di Napoli su 98 bambini obesi, ha infatti riscontrato una correlazione tra Bisfenolo A e resistenza insulinica, solitamente associata all’obesità. Uno Studio spagnolo ha trovato che le concentrazioni di BPA nelle donne con carcinoma della mammella è più alto. Dati non sicuri.
FTALATI: sono agenti plastificanti, ovvero vengono impiegati in aggiunta al polimero per migliorarne la flessibilità e la modellabilità. Il PVC è la principale materia plastica (in termini di volume di produzione) in cui vengono impiegati. Gli ftalati sono dappertutto; li troviamo nella plastica morbida, PVC, giocattoli, tubi, nel vinile, nei prodotti per la pulizia, nello smalto, nei profumi…….numerosi studi dimostrano l’effetto negativo dell’esposizione a ftalati sulla qualità dello sperma. Inoltre sono in grado di ridurre la produzione di estrogeni nei follicoli: ne consegue un disturbo dello sviluppo dell’ovulo e della sua capacità di fecondarsi.
Può influire anche sulla sopravvivenza dell’embrione. Numerosi studi dimostrano un collegamento diretto tra esposizione a ftalati e stress ossidativo nell’organismo, causa poi di riduzione della fertilità con l’età, di endometriosi ed infertilità di causa ignota.
Altro effetto devastante degli ftalati durante la gravidanza è la demascolinizzazione: donne esposte ad alti livelli di ftalati durante la gravidanza hanno una maggiore probabilità di partorire maschi con problemi del sistema riproduttivo tramite la soppressione della produzione di testosterone. Ci sono studi che attestano che bambini di madri con livelli elevati di ftalati durante la gravidanza hanno avuto punteggi significativamente più bassi nello sviluppo mentale, motorio e comportamentale.
Gli ftalati interferiscono con la funzione della tiroide, che sappiamo rivestire un ruolo critico nello sviluppo del cervello già durante la gravidanza. Gli ftalati possono causare allergie ed eczemi nei bambini, ed è chiaro il collegamento tra vivere in una casa con pavimenti di plastica contenenti ftalati e un aumento del rischio di asma nei bambini.
I neonati spesso sono esposti a livelli molto più alti di determinati ftalati perché masticano prodotti di plastica e li assorbono attraverso la pelle tramite shampoo e creme varie. Più prodotti per la cura del neonato vengono usati dalle mamme (come shampoo, lozioni e polveri) più ftalati si trovano nel sistema dei bimbi. Il primo luogo della casa in cui eliminare gli ftalati è il bagno.
I cosmetici e i prodotti per la cura della persona quali spray per i capelli, lozioni, fragranze e smalto per le unghie spesso contengono molti ftalati, che possono essere assorbiti attraverso la pelle o inalati. Gli ftalati si trovano in quasi tutti i prodotti che hanno un profumo: noi donne siamo più esposte rispetto agli uomini!!!
Lo smalto spesso ha una concentrazione di ftalati più alta di qualsiasi altro prodotto cosmetico. Ricordo che lo smalto per le unghie può contenere anche formaldeide e toluene, responsabili di una diminuzione nella fertilità e di un m