Ci hanno detto di mangiare meno grassi e soprattutto meno grassi saturi, e lo abbiamo fatto. Anziché diventare più magri siamo diventati più grassi e l’incidenza di cardiopatia non è diminuita.
Gary Taubes, giornalista scientifico New York Times
La teoria che l’assunzione di grassi saturi correli con alti livelli di colesterolo e quindi un elevato rischio di malattie cardiovascolari è chiamata lipid hypothesis (ipotesi dei grassi) ed è stata proposta già alla fine degli anni ’50 da Ancel Keys, un fisiologo americano. Numerosi ricercatori, negli anni a venire, hanno additato gli errori di questa teoria, ma purtroppo, Keys ricevette un’enorme attenzione dai media, manovrati dall’industria agroalimentare con interessi miliardari, la principale beneficiaria di questa visione. La stessa industria alimentare che produce ancora oggi oli vegetali e cibi altamente industrialmente raffinati, con profitti enormi, in grado quindi di finanziare nuovi studi pilotati al fine di corroborare la lipid hypothesis, tutto a nostre spese.
Vi cito solo le affermazioni di William Castelli, cardiologo e direttore del Framingham Heart Study, uno studio molto noto nell’ambiente medico, iniziato nel 1948 nella cittadina statunitense di Framingham, nel Massachusetts, che ha coinvolto 6000 persone del luogo, suddividendole in 2 gruppi, analizzati ad intervalli di 5 anni, il primo gruppo con consumo minimo di colesterolo e grassi saturi e il secondo gruppo con largo consumo dei medesimi grassi: “Dopo 40 anni abbiamo visto che più grassi saturi e colesterolo e quindi più elevate erano le calorie consumate, meno elevati risultavano i livelli di colesterolo nel sangue di questo gruppo, che pesava di meno ed era fisicamente più attivo. Ciò significa che l’aumento di peso e di colesterolo non ha un rapporto direttamente proporzionale con l’introito di grassi saturi con l’alimentazione”.
Sono molti gli studi di popolazioni tradizionali che rappresentano un imbarazzo per gli autocrati della dieta:
- I Masai e altre tribù africane si nutrono prevalentemente di latte, sangue e carne: hanno livelli bassi di colesterolemia e non hanno malattie cardiache.
- Gli Eschimesi si cibavano esclusivamente di grasso animale di pesci di mare: seguendo la loro dieta nativa queste popolazioni non hanno mai avuto le malattie tipiche della civiltà industrializzata che ci caratterizza. Venuti a contatto però con le abitudini alimentari occidentali anch’essi hanno cominciato a sviluppare le medesime patologie.
- In Cina le regioni ad alto consumo di latte intero e prodotti derivati presentava la metà di casi di malattie cardiache rispetto ad aree con un minor consumo di grassi animali.
- Numerose popolazioni mediterranee presentano una bassa incidenza di cardiopatie nonostante il grasso consumato arrivi al 70% – incluso quello saturo proveniente da agnello, latticini di origine caprina. Gli abitanti di Creta erano famosi per la loro buona salute e longevità.
- Uno studio sui portoricani ha rivelato una bassissima incidenza di cancro al colon e alla mammella, nonostante un alto consumo di grasso animale.
- A Okinawa, in Giappone, dove l’età media delle donne è di 84 anni, gli abitanti mangiano grandi quantità di carne di maiale e pesce, cucinando il tutto nel lardo.
- La relativa buona salute dei Giapponesi, che sono tra i più longevi al mondo, viene erroneamente attribuita ad un’alimentazione povera di grassi. In verità essi mangiano moderate quantità di grassi animali provenienti dalle uova, maiale, pollo, manzo, pesci di mare e carni biologiche. Con le quantità di crostacei e brodo di pesce consumate dai giapponesi, è probabile che assumano più colesterolo di noi. Cosa sicuramente non consumano sono grandi quantità di oli vegetali, farina bianca o cibi raffinati (anche se mangiano riso). La loro vita media è aumentata dalla seconda guerra mondiale insieme al consumo di grassi animali e proteine nella loro dieta.
- Gli svizzeri hanno una longevità pari a quella dei giapponesi, nonostante un’alimentazione tra le più grasse al mondo.
- In Francia l’alimentazione è ricca di grassi saturi provenienti da burro, uova, formaggi, crema, fegato, carne e patè. I francesi però presentano meno cardiopatie coronariche rispetto alle altre popolazioni occidentali. Pensate che nella regione della Guascogna, dove è il fegato di anatra e oca è un caposaldo della loro dieta, hanno un’incidenza di coronaropatia di 80 per 100.000 abitanti. Questo fenomeno è noto come il french paradox (paradosso francese). Ad onor del vero dobbiamo però anche dire che i francesi soffrono di molte malattie degenerative, ascrivibile al largo consumo di zuccheri e cereali raffinati